Ricorre in questi giorni il decimo anniversario del tristemente famoso G8 di Genova del 2001. Come già a Napoli in febbraio, nella manifestazione che fu banco di prova per la follia omicida della truppaglia in tenuta antisommossa, arrivai da cane sciolto. Pur conoscendo gran parte degli organizzatori degli allora “disobbedienti” io ed un paio di amici arrivammo in autonomia, approfittando dell’ospitalità degli organizzatori e con l’unica intenzione di fare da testimoni con le nostre fotocamere. La mia macchina fotografica, per l’occasione, era una usa e getta.
Arriviamo alla sera del primo giorno di manifestazioni: tutto bene. Non sarebbe andato meglio il giorno dopo: macchine per la strada in fiamme, negozi svaligiati, feriti sul selciato e la morte di Carlo Giuliani. L’immagine che più mi rimarrà impressa negli anni è quella qui sopra: avevo visto due ragazzi sfrecciare giocosi vicino a me con quel trabiccolo. Dieci minuti dopo al posto dei ragazzi c’era solo sangue.
Un salto temporale: di foto di macchine bruciate, sassaiole e follia urbana ne è piena la rete, non aggiungerei nulla con i miei scatti. La foto sopra è presa da un androna che funzionava da infermeria in cui mi ero rintanato: Carlo è morto, i blindati sono passati ed i manifestanti si sono ritirati; i poliziotti tenteranno di entrare nell’androna ma dei coraggiosi infermieri faranno da scudo umano affrontando i manganelli. Salvo aspetto che passi pure la retroguardia del battaglione. Uscendo sul porticato noto del sangue a terra. Momenti di orrore:
Cammino inebetito tra i corpi, rassicurando qualcuno a casa con il cellulare. Scatto foto. Nascondo la bandiera rossa e mi metto un anonima maglietta. Oltrepasso ancora indenne la polizia oramai rilassata. Rientro al Carlini.
Il giorno dopo la manifestazione è gioiosa, nonostante tutto. Ma la gioia dura poco. Fumi lontani che si avvicinano: lacrimogeni, macchine bruciate e banche in fiamme. Lanciavano lacrimogeni dagli elicotteri? Certo:
Chi erano i black block? I primi li ho visti verso piazzale kennedy, armati di ben strani strumenti:
Poi ancora botte da orbi: dò una mano a soccorrere qualcuno colpito in faccia da un lacrimogeno. Pure il mio compagno d’avventure viene colpito, per fortuna di striscio. Scappando rimedio uno zaino con uno djambè abbandonati. Mi fermerò anche la notte del massacro della diaz. Eravamo in pochi al carlini e gli organizzatori ci fanno scappare all’esterno, terrorizzati dalle notizie che provengono dalla scuola e trasformandoci in bersagli mobili. Con due ragazzi di Asti decido di dormire in un giardino di una casa privata vicino allo stadio dal cui impianto audio proviene una voce strascicata che parla di Carlo Giuliani, della zona rossa, della guerra di Genova. Al mattino la cantilena continua, incuriositi andiamo a dare un’occhiata: un gruppo di infermieri con un ambulanza si chiede cosa fare di quel ragazzo sotto chock che ha delirato per tutta la notte.
Parto per Torino, quindi per Amsterdam. Con qualche cosa di rotto dentro.
Aggiornamento: pensieri sui fatti di Genova e Napoli 2001.
Una certa parte del movimento di quegli anni, aveva la pessima abitudine di “accordarsi” con le forze dell’ordine per inscenare degli scontri con l’obiettivo di darsi visibilità mediatica.
A partire dalla manifestazione di Napoli del febbraio 2001 il “potere” ha deciso di aprofittare di questi furbacchioni per rispolverare il metodo Cossiga. E’ illuminante Napoli a posteriori: ricordo una piazza piena di famiglie, anziani, giocolieri, ragazzi con lo djambè: insomma, una festa a corteo oramai fermo. Qualche centinaio di metri più in là la pagliacciata delle tute bianche con scudi, gommapiuma e caschi e della polizia: forse un centinaio di persone in tutto.
Ad un tratto spuntano plotoni di polizia e finanza a chiudere tutte le vie d’uscita della piazza. Corro in cerchio, schivo manganelli, stivalacci e persone. La polizia apre un varco dopo un tempo che pare un eternità, mi ci infilo correndo. Dalle strade laterali arrivano altri plotoni: devono avere sbagliato i tempi, sono un po’ arretrati e in formazione non riusciranno a raggiungere i fuggitivi. Tiro il primo sanpietrino della mia vita. Altri li tirerò a Genova dove le uniche differenze con napoli sono state quelle dell’utilizzo dei black block e della portata della manifestazione.
Quello che si ruppe in me era la già debole fiducia nella democrazia. Da allora non voto (se non ai referendum) e solo da un paio d’anni ho ricominciato a manifestare, conscio che il mio più grande nemico è covato in seno al nostro stesso paese: si chiama fascismo ed a Genova, 10 anni fa, abbiamo avuto un esempio del più eclatante dei suoi volti: la violenza.
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